Il tema dell'obbligo dell'assicurazione contro gli eventi catastrofali è stato di recente portato in primo piano dalla legge di bilancio 2024 (art. 1, commi 101-112 della legge 30 dicembre 2023 n. 13 e decreto attuativo 30 gennaio 2025 n. 18), che ha previsto la stipula di una polizza assicurativa per i danni causati da terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni.
Sull'argomento e sui profili di problematicità discendenti dalla norma, un'acuta riflessione di Fabio Trezzini.
di Fabio Trezzini
L’esperienza relativa agli eventi dannosi provocati da fenomeni di dissesto idrogeologico dimostra che diversificate sono ovviamente anche le tipologie di danni che tali fenomeni provocano. Per esempio, nelle grandi alluvioni del 1992 e del 1994, i più grossi danni riguardarono le scuole, gli ospedali, le ferrovie, i ponti stradali e quelli ferroviari.
In altri casi sono stati più colpiti i piccoli centri abitati (anche con numerose vittime) le colture e le attività produttive anche di piccole e medie dimensioni.
In questo contesto è quindi necessario riaffrontare il problema della zonizzazione del rischio che, a sua volta, si collega con quello della condivisione stessa del rischio e dei relativi costi e con il problema di una possibile copertura assicurativa.
Si tratta di un problema dibattuto per molti anni e mai risolto in Italia, diversamente che nel resto dell’Europa.
In molti Paesi, in cui si sono adottati sistemi di copertura assicurativa, si sono contestualmente adottate norme di condivisione del costo della protezione assicurativa, in relazione con il concetto, ormai diffuso, della condivisione del rischio, nel senso che il costo dell’assicurazione è condiviso tra il soggetto pubblico e quello privato, in funzione della classe di rischio dell’area in cui si trova l’insediamento.
Può essere quindi utile in questo contesto introdurre un sistema di assicurazioni anche in relazione alla opportunità di coprire eventuali danni di relativa gravità evitando quindi la realizzazione di opere costose (razionalizzando in conseguenza l’utilizzo di risorse finanziarie cronicamente scarse), di forte impatto ambientale, negative per l’equilibrio complessivo dei corsi d’acqua e per la stessa sicurezza di altri beni e insediamenti localizzati nel bacino idrografico.
Per inserire correttamente lo strumento della adozione di assicurazioni obbligatorie nel processo di pianificazione occorre però che siano rispettate alcune condizioni.
La legge finanziaria 2024 (art. 1, commi 101-200) e il conseguente decreto attuativo (Decreto 30 gennaio 2025, n. 18, approvato oltre un anno dopo la promulgazione della legge finanziaria) trattano la materia con sostanziale superficialità. Ad esempio, si enuncia il principio della proporzionalità tra importo dei premi e situazione di pericolosità o rischiosità (sic) senza darne una definizione e quindi un conseguente criterio, ma limitandosi ad un generico richiamo alle mappe e ai sistemi predittivi disponibili e alla letteratura settoriale. Non è neppure chiaro cosa si intenda quando si prevede di tener conto dell’ubicazione del rischio sul territorio e della vulnerabilità dei beni. Si tratta di termini cui non corrisponde un significato tecnico univoco. Non sembra infatti che il Decreto si richiami alla definizione di rischio comunemente adottata in letteratura e che chiarisca cosa debba intendersi per vulnerabilità, potendo questo concetto interessare aspetti oggettivi, legati alla complessiva situazione idro-geomorfologica o ambientale e altri prettamente soggettivi, legati ad esempio alle modalità costruttive dell’immobile o all’adozione o meno di misure preventive. Altri concetti come il valore di ricostruzione, il costo di rimpiazzo e il costo di ripristino sono invece descritti con dovizia di dettagli, pur non essendo mai richiamati nel testo delle disposizioni. Insomma, una volta affermato l’obbligo per determinate categorie di imprese, le modalità attuative appaiono ben lontane dall’obiettivo che dovrebbero conseguire.