L'articolo di Massimo Veltri parte dalla recensione di tre testi recenti che, con taglio diverso e con riferimento a realtà geografiche distanti fra di loro, hanno in comune l'attenzione ai temi della gestione delle acque e dei loro paesaggi, della protezione della natura e delle acque dallo sfruttamento, dagli stravolgimenti e dalle violenze inferti per finalità di arricchimento dell'uomo predatore.
L'Autore evidenzia come nei testi illustrati siano 'rotti gli argini' (metafora particolarmente calzante, dato il tema) di un approccio meramente tecnicistico, per fare dell'acqua argomento di ricerca letteraria. E ravvisa anche in ciò un ritardo dell'Italia, particolarmente stridente in un paese ricco di illustri precedenti letterari che purtroppo non sembrano trovare emuli nelle produzioni recenti.
Robert Macfarlane vive e insegna a Cambridge e con cadenza che sembrerebbe programmata ci consegna da quindici anni a questa parte testi che colpiscono per l’icasticità dei loro contenuti e per la brillantezza dell’argomentare: Luoghi selvaggi, Le antiche vie, Montagne della mente.
È del 2025, per i tipi di Einaudi È vivo un fiume?: più di quattrocento pagine, ricche di una selezionata bibliografia, che incalzano il lettore lungo una premessa e tre study case. La premessa si muove sulle tracce di un assunto: la natura, i boschi, le montagne, le acque e in specie i fiumi, non sono cose, oggetti inanimati: hanno personalità e sensibilità, soprattutto personalità giuridica da affermare nelle sedi competenti, tutelare e difendere. Non devono essere sfruttati, tantomeno stravolti, violentati, asserviti a finalità di arricchimento dell’uomo predatore.
Non mancano gli esempi, anche nell’Occidente capitalista oltre che nei paesi asiatici e caraibici, di bonifiche e utilizzazioni virtuose dei corsi d’acqua e dei contesti rivieraschi in termini ricreativi e produttivi.
Le tre realtà poste sotto la lente di ingrandimento grazie a missioni effettuate di persona non sono scelte a caso: ciascuna di loro è lo specchio di condizioni di gravissimo degrado in forza di massicce azioni di aggressione e sfruttamento dell’uomo.
Il richiamo, il grido, è altissimo e si inserisce nel dibattito che riguarda il modello di sviluppo che rischia di condurre il pianeta verso epiloghi disastrosi. Eppure non si ravvisa catastrofismo gratuito o integralismo ambientalista: piuttosto sono frequenti le assonanze con autori che hanno scritto la storia del pensiero critico moderno come Bateson o il Club di Roma. Forse una qualche considerazione se non condivisione per le posizioni che negli ultimi decenni sono maturate in seno ai più attenti cultori delle discipline idrauliche non avrebbe guastato ma il panorama letterario recente che coinvolge l’acqua è l’ambiente non finisce qui.
Chiara Barzini ancora per Einaudi e Ian Brokken per Iperborea, se pure cambiano angolo di visuale, allargano l’orizzonte coinvolgendo ambiti storici e artistici. L’ultima Acqua è ambientato a Los Angeles, La scoperta dell’Olanda nelle coste dei paesi che si affacciano sui mari del nord: Barzini va alla ricerca dell’acquedotto che l’ingegnere Mulholland progettò e costruì a partire dal deserto californiano mutando destino, paesaggio e storia – con echi evidenti ed espliciti di Chinatown di Polanski –, Brokken studia la luce che a quelle latitudini hanno sedotto pittori di tutto il mondo che però, a seguito della costruzione di dighe e opere di difesa quanto mai necessarie nei Paesi Bassi, mutò decisamente fino a decretare la fine di decenni di impressionisti e artisti figurativi che non colsero più vibrazioni e ispirazioni degne di considerazione. L’acqua, dunque, ‘rompe gli argini’ – è il caso di dire –, occupa spazi che travalicano il sentiero della disciplina tecnico-scientifica oltre che giuridico e amministrativa mentre nel nostro paese le potenti argomentazioni del Mulino del Po sembrerebbero non rinvenire epigoni di sorta. In un paese che pure vanta illustri precedenti letterari, un recentissimo Premio Nobel per l’acqua, ricercatori e cultori della materia che il mondo ci ha invidiato e tuttora ci invidia: forse sarebbe il caso di interrogarsi sui perché e magari indicare qualche linea d’azione.