In questo suo breve saggio Monticelli, alla ricerca delle scaturigini che alimentano l'antico acquedotto della Bolla a est di Napoli, adotta un approccio sperimentale, scendendo di persona nei canali, effettuando saggi e dando così via alla moderna idrogeologia.
Parte il Monticelli dallo studio della trattatistica precedente, ma con acuminato spirito critico.
A proposito dell'antica captazione della "Bolla", all'origine del Sebeto: Val quanto dire, che l'architetto idraulico della nostra Capitale non passò mai al di là della Bolla, non conobbe, né esaminò mai quel luogo, e non vide mai il camino sotterraneo dell'unico condotto superiore alla Bolla, né il punto ove l'acqua si divide in due porzioni, una delle quali per Poggio Reale, e per Porta Capoana s'introduce in Napoli, e l'altra sorge all'aria nella casa della Bolla, e forma il Sebeto! Quale oscitanza per un celebre architetto idraulico.
In pratica Monticelli constatava che lo strato di suolo permeabile alla pioggia nella zona di origine dell’acquedotto terminava a una quindicina/ventina di metri di profondità, ove aveva inizio uno strato più impermeabile. E questo facendo diversi scavi di saggio.
Il terreno, di cui parlo, è composto da rottami di lava, di scorie, e di smalti conglutinati con sabbia fina rossigna sì fattamente, che vi è bisogno del ferro per romperne la compattezza nel fondo delle grotte e de' canali, come io feci praticare in più punti.
Monticelli individua e descrive la tecnica adottata dagli antichi per la captazione: essa consiste nello scavare il cunicolo – possibilmente in direzione quanto più perpendicolare rispetto a quella del flusso d’acqua sotterranea – al di sotto del livello della falda stessa, in modo che ne sia “immerso”. La muratura del cunicolo è interrotta da molte finestrelle dalle quali sorgono o in tante bollicine, od a zampa di oca, o stillano a goccia a goccia dalle volte delle grotte e de' canali.