Il testo descrive le conseguenze della grande eruzione vesuviana del 1906 sulle preesistenti opere di bonifica, eseguite fino al 1855 dai Comuni con azioni assolutamente inadeguate e poi dallo Stato, che diede inizio (ma senza ancora averla portata a compimento) alla razionale sistemazione dei torrenti.
“Lo strato di cenere, reso impermeabile il terreno, obbligò tutte le acque a riversarsi lungo le più o meno alte sponde dei torrenti, solcandole e fortemente degradandole, stante la loro natura eminentemente corrodibile, formate come erano di lapilli e di pozzolane. In pari tempo le acque montane, discendendo con violenza e cariche delle materie eruttive incontrate lungo il percorso, abbatterono le vetuste opere di ritenuta e di sostegno, che già avevano perduto le loro intestature nelle sponde laterali corrose e degradate. Tale duplice azione delle acque produsse scalzamenti di fondo, nei tratti montani dei torrenti, franamenti di sponde, e di conseguenza abbondantissima discesa di materiali verso valle con rovina di ponti, rottura di argini, esondazioni di acqua e formazione di lave di fango che invasero le campagne e danneggiarono … i soggiacenti abitati”.
Illustra nel seguito del lavoro l’importante intervento di sistemazione idraulica dei torrenti di Somma sconvolti dalle lave e dalle ceneri vulcaniche, realizzato dallo stesso ing. Simonetti e costituito da operazioni di ‘ricavamento’ degli alvei, imbrigliamenti, vasche, collettori sistemati o realizzati ex novo. A lui si devono le imponenti briglie e le difese spondali in pietra vulcanica realizzate nei torrenti maggiori, ancora oggi in ottimo stato di conservazione.