Associazione per la difesa del suolo e delle risorse idriche

EMERGENZA PFAS: UNA MINACCIA GLOBALE E UNA SFIDA PER IL FUTURO DELLA SALUTE E DELL’AMBIENTE.

L'inquinamento da PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) rappresenta una delle emergenze ambientali e sanitarie più gravi del nostro tempo. Utilizzati su vasta scala per le loro proprietà idro- e oleorepellenti, i PFAS sono oggi diffusi in acqua, aria, suolo e catene alimentari, accumulandosi nei tessuti umani e animali. La loro estrema persistenza e tossicità ha portato la comunità scientifica a definirli “inquinanti eterni”. Questa nota fornisce un’analisi della natura chimica dei PFAS, dei loro effetti sulla salute e sull’ambiente, del quadro normativo attuale — con focus sul contesto europeo e italiano — e delle criticità nei processi di controllo e bonifica. Il documento propone un piano d’azione integrato che include misure di prevenzione, giustizia ambientale, trasparenza e sensibilizzazione pubblica, sottolineando l’urgenza di un cambiamento sistemico nella gestione delle sostanze chimiche. La sfida dei PFAS impone un ripensamento profondo del nostro modello di sviluppo per garantire salute e sostenibilità alle generazioni future.

1. Introduzione

I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) rappresentano una delle emergenze ambientali e sanitarie più gravi del nostro tempo. Queste sostanze chimiche artificiali, prodotte in massa dal secondo dopoguerra per le loro proprietà idrorepellenti e oleorepellenti, sono oggi onnipresenti: si trovano nell’acqua potabile, nel suolo, negli alimenti, nell’aria e perfino nei nostri corpi. La loro resistenza alla degradazione naturale ha valso loro il soprannome di “inquinanti eterni”(forever chemicals).

Negli ultimi anni, il tema della contaminazione da PFAS è emerso con forza all’interno del dibattito pubblico e scientifico, rivelandosi come una delle emergenze ambientali e sanitarie più preoccupanti del nostro tempo. In Italia, l’attenzione verso questi inquinanti è relativamente recente: solo da una decina d’anni la questione è diventata oggetto di interesse da parte della comunità medica e dell’opinione pubblica. Eppure, vaste aree del territorio nazionale risultano già oggi compromesse in modo potenzialmente irreversibile.

Nel 2025, la questione PFAS ha assunto proporzioni planetarie, con oltre 17.000 siti contaminati noti solo in Europa e milioni di persone esposte senza saperlo. È dunque urgente che istituzioni, cittadini, comunità scientifica e imprese assumano un ruolo attivo per affrontare un problema che ha radici nell’industria chimica, ma che oggi coinvolge ogni aspetto della nostra vita quotidiana.

2. Il quadro scientifico: cosa sono i PFAS e perché sono pericolosi

I PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono composti chimici di origine artificiale utilizzati fin dagli anni Quaranta in numerosi processi industriali e nella produzione di molti oggetti di uso quotidiano. Sebbene siano trascorsi oltre ottant’anni dalla scoperta del primo PFAS, il PTFE (politetrafluoroetilene), ancora non esiste una definizione universalmente condivisa di questi composti.

Nel 2011, Buck e collaboratori li hanno descritti come molecole contenenti almeno un residuo perfluoroalchilico, in cui gli atomi di fluoro sostituiscono tutti gli atomi di idrogeno di almeno un carbonio rispetto ai composti non fluorurati da cui derivano. Più recentemente, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha suggerito di ampliare questa definizione includendo anche composti con gruppi metilici o metilenici completamente fluorurati e privi di altri alogeni. In sostanza, qualsiasi sostanza con almeno un gruppo –CF3 o –CF2– interamente fluorurato può essere considerata un PFAS, salvo rare eccezioni.

I PFAS comprendono, pertanto, migliaia di composti chimici utilizzati in prodotti industriali e di consumo come padelle antiaderenti, tessuti tecnici, imballaggi alimentari, schiume antincendio e cosmetici. La loro struttura molecolare li rende estremamente resistenti al calore, all’acqua e all’olio, ma anche altrettanto resistenti alla degradazione biologica e ambientale.

La produzione globale di PFAS è in costante aumento, ma ottenere dati precisi sui volumi effettivi è difficile, poiché molte aziende non sono obbligate a dichiarare le quantità prodotte o importate, salvo oltrepassare soglie specifiche che variano da paese a paese. Ad esempio, negli Stati Uniti è necessario comunicare i dati all’USEPA (United States Environmental Protection Agency ) solo se si superano le 11 tonnellate annue, e anche in Europa del Nord esistono molte esenzioni, specialmente per sostanze usate in cosmetici, alimenti e farmaci, o prodotte in piccole quantità. Inoltre, il ricorso al segreto industriale può ulteriormente limitare la trasparenza.

Le stime relative alla produzione globale di PFAS tra il 2015 e il 2018 variano da 180.000 a 340.000 tonnellate, con un consumo stimato nel 2018 di 320.000 tonnellate — un incremento del 19% rispetto al 2015. Nel 2022, la produzione sarebbe salita a circa 405.000 tonnellate, quasi il doppio rispetto al 2012. Nonostante siano prodotte in volumi inferiori rispetto alle plastiche tradizionali, i PFAS hanno costi molto più elevati: ad esempio, il PTFE può costare dieci volte di più di altri polimeri.

Nel 2018, la Cina è stata il principale consumatore mondiale (37%), seguita dagli Stati Uniti (22%) e dall’Europa occidentale (16%). Negli stessi anni, sia negli Stati Uniti che in Europa, i consumi erano vicini ai volumi di produzione, con i PFAS impiegati prevalentemente nei settori dei trasporti e dell’industria chimica

Numerosi studi scientifici collegano l’esposizione ai PFAS a gravi effetti sulla salute:

  • alterazioni del sistema endocrino e immunitario;
  • riduzione della fertilità;
  • sviluppo di alcuni tipi di tumore;
  • danni epatici e renali;
  • effetti neurotossici nella prima infanzia.

Il rapporto dell’EFSA (European Food Safety Authority) (2020) ha stabilito una dose settimanale tollerabile estremamente bassa per alcune sostanze (come PFOA- perfluorootanoato e PFOS – perfluoroottansolfonato), ma nel 2023 e 2024 nuovi dati hanno mostrato che anche le concentrazioni più basse possono rappresentare un rischio per categorie vulnerabili come bambini e donne in gravidanza.

3. I limiti planetari e le nuove entità: una crisi di sistema

Nel 2009, un gruppo di 28 scienziati, guidati da Johan Rockström e Will Steffen, ha sviluppato il concetto di limiti planetari: un modello scientifico che identifica nove processi fondamentali per la stabilità della Terra, ciascuno con una soglia da non superare per evitare danni irreversibili all’ambiente.

Con l’avvento dell’Antropocene – l’epoca dominata dall’impatto umano sul pianeta – è diventato urgente capire quanto la Terra possa sopportare senza collassare. L’obiettivo è mantenere condizioni simili all’Olocene, periodo stabile che ha favorito lo sviluppo della civiltà umana, proteggendo clima, biodiversità e cicli naturali.

Il rispetto di questi limiti garantisce un “spazio operativo sicuro”, entro cui l’umanità può prosperare senza compromettere la capacità del pianeta di rigenerarsi. Il superamento delle soglie aumenta il rischio di crisi ambientali improvvise e gravi.

I nove limiti planetari e il loro stato attuale:

  1. Cambiamento climatico: superato dagli anni ’90 a causa delle emissioni di gas serra; causa eventi climatici estremi e squilibri ambientali.
  2. Nuove entità: include sostanze chimiche artificiali (es. microplastiche, PFAS). Superato, con gravi rischi per la salute umana ed ecosistemica, aggravati dalla mancanza di test adeguati.
  3. Ozono stratosferico: attualmente stabile grazie a politiche efficaci contro i CFC; protegge la vita dalle radiazioni UV.
  4. Aerosol atmosferici: ancora entro i limiti globali, ma con criticità locali (soprattutto nelle grandi città).
  5. Acidificazione degli oceani: in crescita a causa dell’assorbimento di CO₂; minaccia gli organismi marini e la funzione regolatrice degli oceani. Soglia quasi raggiunta.
  6. Cicli biogeochimici di azoto e fosforo: ampiamente alterati, soprattutto per via dell’agricoltura intensiva. Superamento critico, con impatti su suoli e acque.
  7. Acque dolci: i cambiamenti nei flussi idrici naturali hanno superato i limiti di sicurezza, minando clima, biodiversità e servizi ecosistemici.
  8. Uso del suolo: deforestazione e urbanizzazione stanno riducendo le foreste sotto livelli di sicurezza nei principali biomi globali.
  9. Integrità della biosfera: il tasso di estinzione delle specie è oltre la soglia di sicurezza. La perdita di biodiversità indebolisce la capacità della biosfera di sostenere la vita.

Stato attuale e implicazioni

Secondo il rapporto 2023 dello Stockholm Resilience Centre, sei limiti su nove sono già stati superati: tra cui le nuove entità (PFAS).

In aggiunta, dal 2024 il Potsdam Institute for Climate Impact Research pubblica ogni anno il Planetary Health Check, monitorando i segnali di rischio legati ai limiti planetari. Un caso emblematico è quello dei PFAS (nuove entità), sostanze chimiche resistenti all’ambiente, diffuse senza un’adeguata valutazione dei rischi. Il loro impiego continua, nonostante i danni ormai documentati, sollevando questioni etiche, politiche e sistemiche sul nostro attuale modello di sviluppo.

4. Il caso europeo e italiano: un sistema ancora troppo lento

Nel contesto europeo, il regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorization and restriction of CHemicals)  ha cercato di disciplinare la produzione e l’uso delle sostanze chimiche. Tuttavia, l’approccio tradizionale “sostanza per sostanza” si è dimostrato inefficace per un gruppo così vasto e persistente come i PFAS. La proposta del 2023 di bandirli come classe unica ha incontrato l’opposizione di lobby industriali potenti, rallentando l’adozione del bando.

In Italia, la contaminazione è diffusa, in particolare in Veneto, Piemonte, Toscana e Lombardia. Nonostante ciò:

  • non esiste un divieto nazionale generalizzato sull’uso dei PFAS;
  • solo alcune Regioni hanno introdotto limiti specifici nelle acque potabili;
  • le bonifiche sono lente e costose, e l’onere spesso ricade sui cittadini anziché sugli inquinatori.

Nel frattempo, medici e operatori sanitari lamentano una mancanza di formazione adeguata, mentre l’opinione pubblica non è pienamente consapevole della gravità del problema.

Situazione normativa europea

  • La Danimarca ha già vietato l’uso dei PFAS.
  • La Francia ha approvato una legge per eliminarli.
  • In Italia, nonostante il grave caso di contaminazione in Veneto, manca ancora una legislazione nazionale specifica.
  • Cinque Paesi UE hanno proposto all’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche di limitare l’uso dei PFAS in ambito industriale e nei prodotti di consumo.

Limiti normativi Italiani

Nel marzo 2025, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legislativo 260, un provvedimento importante che introduce limiti più severi alla presenza di PFAS nelle acque potabili italiane. In particolare, il decreto stabilisce un valore massimo di 20 nanogrammi per litro per la somma di quattro molecole tra le più pericolose della famiglia dei PFAS: PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS. Si tratta di sostanze già ben conosciute per i loro effetti nocivi sulla salute umana, tra cui, in alcuni casi, anche la cancerogenicità.

Questo nuovo limite si ispira a quello già in vigore in Germania, ma resta comunque più permissivo rispetto a quello adottato in altri Paesi del Nord Europa, come la Danimarca, dove il limite è fissato a soli 2 nanogrammi per litro, o la Svezia, che ha scelto un tetto di 4 nanogrammi per litro. La scelta italiana, dunque, segna un passo avanti, ma lascia aperto il dibattito sull’effettiva tutela della salute pubblica.

A partire dal 12 gennaio 2026, il decreto si integrerà con quanto previsto dalla normativa europea, che introduce un ulteriore limite: 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole PFAS. Tuttavia, è bene sottolineare che sia l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) sia l’Agenzia europea per l’ambiente considerano questo valore non sufficientemente protettivo, specie alla luce delle più recenti evidenze scientifiche sui rischi legati all’esposizione anche a dosi molto basse di queste sostanze.

Inquinamento ambientale

Nel frattempo, il problema dell’inquinamento da PFAS continua a essere una questione ambientale e sanitaria prioritaria. I PFAS, infatti, finiscono nell’ambiente attraverso processi industriali mal gestiti, lo scarico improprio delle acque reflue, l’usura di materiali che li contengono o la dispersione incontrollata di rifiuti. Queste sostanze si diffondono in modo capillare, arrivando spesso nelle falde acquifere e, di conseguenza, anche nell’acqua che beviamo. Per valutare il livello di contaminazione in una determinata area, si effettuano regolarmente analisi a campione delle falde o dell’acqua di rubinetto, al fine di misurare la concentrazione dei PFAS presenti.

Rappresentazione schematica del ciclo dei PFAS nell’ambiente (Environmental Health)

Il nuovo decreto (D.lgs. 260/25), pur rappresentando un passo nella giusta direzione, evidenzia la necessità di ulteriori misure di prevenzione, controllo e bonifica, affinché la tutela della salute pubblica e dell’ambiente sia garantita in modo efficace e duraturo.

Nel rispetto dei principi di precauzione e prevenzione, è fondamentale che la concentrazione di PFAS nelle acque potabili tenda a zero. Non ci si può limitare ai soli limiti di legge: è necessario agire con decisione e rapidità per garantire acqua salubre e pulita alle comunità esposte. Questo significa adottare misure efficaci, anche attraverso apposite disposizioni legislative, che puntino a prevenire alla radice la produzione e l’immissione nell’ambiente di sostanze notoriamente tossiche per la salute umana e l’ambiente.

In Italia, però, manca ancora un divieto esplicito sull’uso dei PFAS, e questo vuoto normativo ha consentito alle aziende di continuare a impiegare queste sostanze, pur esistendo da anni alternative più sicure in numerosi settori industriali. Si tratta di una situazione che consente alle imprese inquinanti di operare senza scrupoli, mettendo a rischio la salute della collettività e compromettendo il futuro ambientale del Paese.

È tempo che la politica abbandoni la logica della protezione degli interessi economici di pochi e scelga invece di tutelare in modo chiaro e inequivocabile la salute pubblica. Serve una presa di posizione netta, un impegno concreto a favore dell’ambiente e dei cittadini.

Per affrontare questa sfida, è indispensabile promuovere una maggiore informazione e sensibilizzazione. La consapevolezza diffusa è la base per stimolare un’attivazione più forte e coraggiosa delle istituzioni, affinché vengano messi in campo interventi efficaci di mitigazione e bonifica, sia a livello nazionale sia internazionale.

5. Vie di esposizione e impatti sulla salute pubblica

L’esposizione ai PFAS avviene principalmente tramite:

  • consumo di acqua contaminata;
  • ingestione di alimenti (in particolare pesce, latticini, ortaggi);
  • uso di prodotti di consumo contenenti PFAS;
  • inalazione di particelle sospese o polveri indoor.

Gli effetti non sono immediati ma cronici e cumulativi, rendendo difficile collegare causa ed effetto in modo diretto. Tuttavia, studi epidemiologici longitudinali (tra cui il C8 Health Project negli USA) hanno ormai confermato il legame tra PFAS e molteplici patologie.

La sfida è anche intergenerazionale: i PFAS attraversano la placenta e si accumulano nei neonati, ponendo una minaccia al diritto alla salute delle future generazioni.

6. Proposte di intervento: un’azione integrata e urgente

Alla luce della gravità della situazione, è necessario un cambio di paradigma nella gestione delle sostanze chimiche e dell’ambiente. Proponiamo:

A. Divieto progressivo ma globale dei PFAS

  • Stop immediato ai PFAS nei prodotti di consumo non essenziali (cosmetici, packaging, abbigliamento);
  • Divieto totale entro il 2030, con deroghe solo per usi critici temporanei.

B. Bonifiche e giustizia ambientale

  • Mappatura nazionale dei siti contaminati;
  • Costi di bonifica a carico di chi inquina;
  • Fondi pubblici europei per i Comuni esposti.

C. Trasparenza e sorveglianza sanitaria

  • Registro nazionale dei casi di esposizione;
  • Programmi di biomonitoraggio nelle popolazioni vulnerabili;
  • Formazione sanitaria per medici, pediatri e operatori ambientali.

D. Educazione e comunicazione pubblica

  • Campagne di sensibilizzazione scolastica e civica;
  • Diffusione di dati chiari e accessibili sull’esposizione;
  • Coinvolgimento attivo di scuole, università e media.

7. Conclusione: dalla crisi all’opportunità

Il dossier sui PFAS disegna un quadro chiaro e inquietante: siamo di fronte a un’emergenza ambientale e sanitaria globale, sistemica, silenziosa e troppo spesso sottovalutata. L’inerzia normativa, le resistenze industriali e la scarsa consapevolezza collettiva hanno contribuito a radicare profondamente queste “sostanze eterne” nei cicli naturali e nei nostri corpi. Ma di eterno, in realtà, non dovrebbe esserci nulla quando si tratta di contaminazione, malattia e compromissione dei diritti fondamentali.

L’esperienza europea e italiana dimostra che le soluzioni esistono, ma richiedono coraggio politico, responsabilità industriale e mobilitazione sociale. Servono norme più ambiziose, strumenti di controllo efficaci, strategie di bonifica a lungo termine e, soprattutto, una visione culturale e istituzionale che metta la salute pubblica e la tutela dell’ambiente prima del profitto a breve termine.

I PFAS ci pongono di fronte a una domanda cruciale: quale tipo di progresso vogliamo perseguire? Se vogliamo garantire un futuro sostenibile e giusto, è necessario rompere con la logica dell’accumulo incontrollato di sostanze pericolose e abbracciare un nuovo paradigma basato sulla precauzione, sulla trasparenza e sulla corresponsabilità. La lotta contro i PFAS non è solo una questione tecnica o giuridica: è una questione di giustizia ambientale, di equità intergenerazionale, di civiltà. Sta a noi – cittadini, istituzioni, comunità scientifica e mondo produttivo – decidere se vogliamo continuare a convivere con l’inquinamento o se siamo pronti ad agire per costruire un presente più sano e un domani più sicuro.

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